Ulysse(s)

CAPiTOLO 4

Cap si trova in prossimità di un semaforo molto timido a lato della Cinquantaquattresima.

Il verde sembra non scattare mai e il rosso sembra diventare sempre più rosso. Cap ha già contato fino a settecentoventi e comincia seriamente a non poterne più. Accanto a lei, una signora imbellettata e imbotulinata dalle folte extension bionde ha iniziato a mordersi nervosamente le lunghe unghie laccate di rosso. Una signora più corpulenta con le buste della spesa poco più a destra ha iniziato ad addentare nervosamente un salame di cacciagione recentemente acquistato all’Iper lì di fronte, mentre un ProbabileManager è passato dal tamburellare nervosamente sull’orologio al pestare istericamente i piedi a terra con gli occhi fuori dalle orbite.

Cap è molto a disagio.

Sta per contare mentalmente l’ottocentoquattro quando, d’improvviso, scatta il verde. E con lui la fila di CentoMetristi del verde in trepidante attesa alle spalle di Cap. Che viene pesantemente travolta.

Mentre cerca di capire se quello che sente in bocca è il sapore di una suola o del salame di cacciagione della signora, Cap si rialza (notando una nitida ed esteticamente perfetta impronta di scarpone sul lato del proprio cappottino) e si accorge, con crescente panico, che il semaforo è già diventato giallo (più avanti, il ProbableManager è in netto vantaggio, con un notevole distacco sulla PlasticBlonde, a sua volta in posizione favorita rispetto alla Massaia, che ansima cercando di riguadagnare terreno nonostante le pesanti borse di plastica al suo seguito).

Cap non ha nemmeno il tempo di riflettere. Una breve immagine mentale della nonna le balena al telencefalo (“Non iniziare MAI ad attraversare la Cinquantaquattresima con il semaforo giallo”) e si trova in mezzo alla Gargantuesca strada.

Cap vede in lontananza il Manager e la Biondona tagliare il traguardo del marciapiede, seguiti a ruota dalla MassicciaMassaia, mentre corre per raggiungerli quando, all’improvviso, la tragedia. Un mefistofelico cavolo verza si lascia cadere malevolo dalla busta della donna e rotola verso il centro della strada. La casalinga arresta la sua corsa, si volta per tornare a recuperarlo e…scatta il rosso.

Cap è ancora a metà strada. E’ il silenzio. La donna si accorge del cambio di luce e guarda negli occhi Cap, con un’espressione di terribile consapevolezza. Cap risponde al suo sguardo di rimando, con una attanagliante sensazione di panico che le sta partendo dai piedi per raggiungere il suo stomaco.

Un rombo.

Due rombi.

Secondi della durata di un paio di eoni (ben quattordici specie animali hanno fatto in tempo a proliferare ed estinguersi nel tempo intercorso), poi, di improvviso, la MassicciaMassaia scompare oscurata da una scia di SUV.

Cap è circondata. Un PizzaExpress su di un Ciao modificato col NOS le sfreccia alle spalle facendole quasi cadere il cestino.

Dopodiché una lambretta le sfreccia davanti. Una berlina di fianco, un furgone a destra un tir a sinistra.

Cap è paralizzata.

Prova a muovere un passo in avanti ma il suo piede rischia di finire sotto un Fiorino. Vorrebbe tornare indietro, ma il marciapiede da cui è partita è molto più distante di quello dove dovrebbe arrivare. Disperata, tenta il tutto e per tutto. I sensi all’erta che nemmeno un emù consapevole di stare attraversando (non si sa per quale sciagurato motivo) la zona di caccia preferita di un gruppo di sedici ghepardi, Cap decide di correre per la vita. Una breve esitazione nel cambiare marcia di una signora su utilitaria le permette di correre avanti di qualche metro. Perde poi alcuni centimetri per schivare una bicicletta a reazione. Riavanza di un po’ schivando al pelo un autobus ed un tram (che le urta un gomito) e salta per evitare una Cinquecento. Evita un altro camion ed una station wagon. Con abile e fulmineo calcolo, sfrutta il passaggio di un Monster Truck per guadagnare ancora qualche metro passandogli al di sotto (la ruota posteriore sinistra non le si impiglia nella mantellina per un soffio) e di improvviso, miracolosamente, si ritrova dall’altra parte.

Cap si guarda indietro, ansante e con una assai ridotta capacità do formulare un pensiero coerente. Il cuore le ha organizzato un concerto di musica BrutalTrance nella cassa toracica. Tra le auto intravede la sagoma della MassivaMassaia ed un cavolo verza che rimbalza di parabrezza in parabrezza.

Ulysse(s)

DALLE MEMORiE DELLA CiTTA’

(1)

La Cinquantaquattresima strada fu costruita, intorno agli anni quaranta, sotto il mandato del sesto primo cittadino, tale Antoine LaPoitrine, il quale aveva deciso di appagare il proprio ego regalando alla propria città un lastricato di asfalto largo otto corsie, nel tentativo farla assomigliare il più possibile alle grandi metropoli dello stato. Per realizzarla furono chiamati fior fiore di architetti e di ingegneri.

Il progetto fu problematico, in quanto la città aveva già una struttura ben definita e la volontà del sindaco di ottenere un nuovo “centro nevralgico” ( al centro, per l’appunto, del centro abitato) presentava il piccolo inconveniente della necessità di tirare giù una settantina di edifici già esistenti.

I suddetti edifici furono oggetto di una pesante campagna mediatica ordita dall’entourage di LaPoitrine ai loro danni. Fu sparsa la voce che ospitassero un clan di pantegane radioattive killer che avevano assoggettato gli inquilini al loro volere plagiandone le menti con cocktail a base di Uranio e Pepsi Cola. “I poveretti continuano a ripetere di vivere lì e sembrano disperati, ma sono sotto l’influsso del Colanium! In realtà sono schiavi lobotomizzati della PanteGang (così fu chiamata l’immaginaria e utilitaristica associazione criminale di topi di fogna), che li sfrutta per conquistare il potere! E’ nostro dovere di cittadini quello di liberarli!”

Inutile dire che la strada fu costruita e che le famiglie succubi del clan roditorio furono costrette a trasferirsi.

Ulysse(s)

CAPiTOLO 3

“Decisamente non c’è fiducia nelle capacità cognitive dei più piccoli”, pensa Cappuccetto uscendo dal negozio col suo cestino sotto braccio. La mamma ha lasciato a Cap qualcosina in più del dovuto per il non acquistabile biglietto, così ora nel cesto c’è un bel pacchetto colorato colmo di pasticcini al liquore ( “ Ma sei sicura di volerli al liquore?”). No, decisamente non c’è proprio fiducia.

Cap consulta la cartina. Casa della nonna è sempre dall’altra parte della città, purtroppo. Un momento! Forse adesso si sposta….

No, accidenti a lei, è sempre lì. E va bene, d’accordo, mi muovo io!

Cap inizia a ripiegare la cartina. Cap continua a ripiegare la cartina. Cap continua a ripiegare la cartina. Cap continua a ripiegare la cartina. Cap comincia a detestare le cartine.

Esseri bizzarri, le cartine: si aprono a comando, ti danno una mano a trovare la strada (a parte quelle infide e malevole che si divertono a spedirti dalla parte opposta aprendosi a rovescio e confondendoti le idee), ma prova a dir loro che adesso devono richiudersi e sarà come riportare un bambino a scuola dopo le vacanze. Come riportare un prigioniero nella sua cella dopo l’ora d’aria. Come condurre una tigre selvaggia in una gabbia. O anche soltanto un chiuaua, che forse è addirittura più aggressivo. Esse si rivolteranno con tutto il loro essere tentando di assaporare ogni attimo della loro breve libertà. Non vi rinunceranno. E faranno di tutto perché voi non riusciate a chiuderle, anche a costo della loro vita. E infatti, nove volte su dieci, esse perdono la loro battaglia contuse, strappate e piegate al contrario.

Per tutti gli sforzi che possano fare, infatti, vincerà sempre e comunque l’uomo. In modi più o meno eleganti e in tempi più o meno lunghi, ma il vincitore sarà lui. Cap è nella categoria di quegli esseri umani che vincono dopo innumerevoli sforzi e in modo decisamente poco elegante.

–Cambio azzardato di Consecutio Temporum part I —

La sua cartina perse la sua prima battaglia finendo accartocciata sul fondo del cestino.

Dopo il violento conflitto con la sua cartina Cap si rimette in marcia, approfondendo la conoscenza con l’AUDI incontrata poco prima ( “Concerto di clacson e bestemmie in un duetto impedibile! Accorrano, lorsignori!”) e inciampando nuovamente sul signore Digrigiovestito (“I bambini di oggi non hanno più un ORGANO RIPRODUTTIVO MASCHILE,(VOLG.) SOST. M.S. da fare!”). Cap considera che anche il signore dal grigio manto sembra non avere una particolare occupazione, dal momento che anch’egli si trova nuovamente a deambulare apparentemente senza ragione sul solito marciapiede. Ma Cap è una bambina seria, ed evita di sottilizzare, sollevando battibecchi inutili in strada, ce ne sono già abbastanza in TV. Cap si rialza dal marciapiede, constatando ammirata come il passaggio di una mantella dal rosso al nero possa avvenire in tempi così brevi ed evitando tutte le sfumature intermedie di grigio.